Alla fine di un giorno in parete mi guardo le mani che mi hanno
guidato. Penso che sono sorde, mute, cieche eppure vanno innanzi. A loro
basta il tatto, il più diffuso sistema di comunicazione del corpo.
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Non
ho voluto risalire a prima della mia nascita. Non sento affinità con
altri figli di criminali di guerra. Ognuno si è arrangiato secondo la
ruggine che si è trovato nel sangue. Ho avuto in sorte di non
trascinarmi dietro un nome maledetto, come la catena di fantasma. Ho
avuto un nome finto che per me è stato vero. L’ho spacciato per mio
sapendo che era la moneta di un falsario.
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Però portava nelle mosse il silenzio di uno che non sente e perciò evita di produrre un rumore che non può ricevere.
Erri de Luca, Il torto del soldato
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