giovedì 5 settembre 2013

le droit chemin

— Attendre, Adamsberg, c’est pas une vie. Ça t’est déjà arrivé d’attendre ? D’attendre longtemps ?
— Je crois.
— Une femme ?
— Je crois.
— Ben c’est pas une vie.
— Non, confirma Adamsberg.

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Je rentre dans le droit chemin qui, comme tu le sais, n’existe pas et qui par ailleurs n’est pas droit.

Fred Vargas, Un lieu incertain

montedidio

Se ne sta zitto per un poco coi chiodini in bocca e la testa china sopra una suola. Vede che sono rimasto vicino e continua: “Quando ti viene una nostalgia, non è mancanza, è presenza, è una visita, arrivano persone, paesi, da lontano e ti tengono un poco di compagnia”. Allora don Rafaniè, le volte che mi viene il pensiero di una mancanza la devo chiamare presenza? “Giusto, così a ogni mancanza dai il benvenuto, le fai un'accoglienza.” Così quando sarete volato io non devo sentire la mancanza vostra? "No, dice, quando ti viene di pensare a me io sono presente.

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Gli spiriti non sanno volare, possono fare solo un poco di vento. In strada sparano, Maria non sente le cose che dice la mia voce scura, pensa al suo sangue: “II vino mi ha fatto bene, è la prima volta che lo bevo, è buono. Mi è piaciuta la mossa di tuo padre, di versarlo. Teneva fermo il fiasco pesante e lo faceva uscire piano”. E` bella Maria col sangue che perde e il vino che lo rimpiazza e i capelli neri che mi fanno il solletico sul collo e la bocca che per fare bum, bum, si apre e si chiude con la mossa dei baci. Per imitare il rumore del cuore manda baci al buio.

Erri De Luca, Montedidio

giovedì 11 luglio 2013

si ce n'est pas nous

— Tu te souviens quand un moustique s’était fourré tout au fond de ton oreille pendant deux heures ?
— Oui, dit Raphaël en souriant. Son vrombissement me rendait fou.
— Et on craignait que tu ne deviennes vraiment fou avant la mort du moustique. On a fait le noir complet dans la maison, et j’ai tenu une bougie tout contre ton oreille. C’était une idée du curé Grégoire : « On va t’exorciser, mon bonhomme. » Ses blagues de curé, quoi. Tu te souviens ? Et le moustique a rampé hors du canal jusqu’à la flamme. Et il s’est brûlé les ailes avec un petit bruit. Tu te souviens du petit bruit ?
— Oui. Grégoire a dit : « Le diable crépite dans le feu de l’enfer. » Ses blagues de curé, quoi.
Adamsberg attrapa son pull et sa veste.
— Tu crois que c’est possible, très possible ? reprit-il. De tirer notre démon hors de son tunnel avec une petite lumière ?
— S’il est dans notre oreille.
— Il l’est, Raphaël.
— Je le sais. Je l’entends, la nuit.
Adamsberg enfila sa veste et se rassit à côté de son frère.
— Tu crois qu’on le fera sortir ?
— S’il existe, Jean-Baptiste. Si ce n’est pas nous.

Fred Vargas, Sous les vents de Neptune

domenica 5 maggio 2013

la moneta di un falsario

Alla fine di un giorno in parete mi guardo le mani che mi hanno guidato. Penso che sono sorde, mute, cieche eppure vanno innanzi. A loro basta il tatto, il più diffuso sistema di comunicazione del corpo.

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Non ho voluto risalire a prima della mia nascita. Non sento affinità con altri figli di criminali di guerra. Ognuno si è arrangiato secondo la ruggine che si è trovato nel sangue. Ho avuto in sorte di non trascinarmi dietro un nome maledetto, come la catena di fantasma. Ho avuto un nome finto che per me è stato vero. L’ho spacciato per mio sapendo che era la moneta di un falsario.

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Però portava nelle mosse il silenzio di uno che non sente e perciò evita di produrre un rumore che non può ricevere.

Erri de Luca, Il torto del soldato

educazione siberiana

Gli adulti hanno cominciato a fare attentati al pollo, il quale mantenendo sempre la calma e in maniera decisamente efficace riusciva ogni volta a sfuggire. Dopo un quarto d'ora d'inutili tentativi, i tre uomini erano senza fiato, e guardavano il pollo che con la stessa determinazione di prima continuava a scavare la terra e a farsi i suoi affari da pollo. Mio padre mi ha sorriso, dicendo:
- Lasciamolo vivere, questo pollo. Non ammazziamolo mai: che stia qui, in giardino, libero di fare quello che vuole.
La sera ho raccontato a mio nonno quello che era successo. Lui ha riso tanto, e poi mi ha chiesto se io ero d'accordo con la decisione di mio padre. Gli ho risposto con una domanda:
- Perché liberare quel pollo e non gli altri?
Nonno mi ha guardato con un sorriso e ha detto:
- Solo chi apprezza veramente la vita e la libertà, e combatte fino in fondo, merita di vivere libero... Anche se è un semplice pollo.
Io ci ho pensato un po' su e gli ho chiesto:
- E se tutti i polli un giorno diventano come lui?
Dopo una lunga pausa nonno ha detto:
- Allora bisognerà abituarsi a cenare senza zuppa di pollo...
Il concetto della libertà è sacro per i siberiani.

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Dopo mi sono capitate molte cose, ma passando tra tutte le esperienze ho continuato a pensare che la legge siberiana aveva ragione: nessuna forza politica, nessun potere imposto con una bandiera vale tanto quanto la libertà naturale di una singola persona.

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Abbiamo cominciato a vederci, a scambiarci libri, e nel giro di poco tempo abbiamo sviluppato un rapporto che di solito le persone educate chiamano «intimo», ma che nel mio quartiere si definiva con ben altre parole: «sporcare le lenzuola insieme».

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Nella «Pravda» qualsiasi notizia veniva trasformata in una fonte di pura propaganda: anche quando leggevi di disastri e guerre, alla fine ti veniva un senso di felicità e ti sentivi fortunato a essere finito in Urss. Non so come mai Boriška era così affezionato a quel giornale, una volta ho cercato di chiederglielo, e lui mi ha risposto letteralmente così:
«Quando sei costretto a sentire cantare le vacche, bisogna sfruttare almeno la possibilità di scegliere quella che canta meglio».

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Dopo tanti pensieri e discussioni con me stesso sono arrivato alla conclusione che non si risolve niente con il coltello e le botte. Così sono passato alla pistola.

Nicolai Lilin, Educazione siberiana

domenica 21 aprile 2013

tra un tempo scaduto e uno sconosciuto

Nelle imprese la grandezza sta nell’avere in mente tutt’altro.

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Agli uomini aveva dato il peso giusto. Ripensò al peggio commesso e concluse per una volta ancora: andava fatto. Tornava sul suo peggio per tenerlo fresco, non farlo seccare. Un uomo è quello che ha commesso. Se dimentica è un bicchiere messo alla rovescia, un vuoto chiuso.

Non se ne pentiva, perché non poteva giurarsi mai più. Con gli stambecchi sì, stava certo che non avrebbe più sparato a loro. Con gli uomini il peggio era possibile di nuovo.

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Era un giorno perfetto, di nitido confine tra un tempo scaduto e uno sconosciuto.

Erri de Luca, Il peso della farfalla

sabato 20 aprile 2013

it's always necessary

There was never a right time to say it.
It was always unnecessary.
The books in my father's shed were sighing.
The sheets were rising and falling around me with Anna's breathing.
I thought about waking her.
But it was unnecessary.
There would be other nights.
And how can you say I love you to someone you love?
I rolled onto my side and fell asleep next to her.
Here is the point of everything I have been trying to tell you, Oskar.
It's always necessary.
I love you,
Grandma

Jonathan Safran Foer, Extremely loud & incredibly close

domenica 7 aprile 2013

dès qu’on s’approche de près

— Ils sont tous cinglés sur cette place? demanda un autre.
— C’est possible, dit Adamsberg. Mais c’est un effet d’optique. Tant qu’on regarde de loin, tout semble toujours proprement en ordre. Dès qu’on s’approche de près et qu’on prend le temps d’observer les détails, on s’aperçoit que tout le monde est plus ou moins cinglé, sur cette place, sur une autre, ailleurs et dans cette brigade.

Fred Vargas, Pars vite et reviens tard

giovedì 21 febbraio 2013

lo que hubiera podido ser

—En el fondo envidio a esa mujer, Lucien.
—¿La envidia?
—Aunque esté acosada y se vea obligada a vivir como una alimaña, es libre por completo.
—¿Y nosotros no lo somos, Carlos?
—Puede que usted lo sea, pero yo no me siento libre. Siempre hay algo en mi cabeza que me impide volar, iniciar una nueva vida. Me pesan los recuerdos desagradables, lo que hubiera podido ser y no ha sido.

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—Todo es extraño, ¿verdad? —exclamó Nourissier—. Acabamos de leer la noticia de unos hechos de violencia estremecedora. Más que eso, hemos vivido una escena del todo desagradable y ¿qué se nos ocurre hacer?: reír y proyectar una excursión campestre.
—A eso se le llama supervivencia.
—¿Así sobrevive usted habitualmente?
—Yo soy un cínico, Lucien, o, mejor dicho, me he convertido en un cínico; nadie nace cínico desde un principio.

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La valentía no es dejar de sentir el miedo, sino sentirlo y seguir adelante igual.

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—A veces pienso que ser libre es hacer lo que debes y no lo que te da la gana.


Donde nadie te encuentre, Alicia Giménez Bartlett

mercoledì 16 gennaio 2013

una tristezza pronta al peggio e un mezzo sorriso per buttarla via

“Se penso una cosa voi la indovinate?”

“No, guaglio’, a me arrivano i pensieri che passano al volo in testa alle persone, quelli che uno neanche sa di avere pensato. Se ti metti a studiare un fatto tuo, quello sta con te. Ma i pensieri sono come gli starnuti, scappano fuori all’improvviso e io li sento.”

Perciò sapeva i fatti di tutti quanti, perciò teneva una tristezza pronta al peggio e un mezzo sorriso per buttarla via. Ai lati degli occhi si aprivano le rughe e da lì scolava la malinconia.

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È bella di notte la città. C’è pericolo ma pure libertà. Ci girano quelli senza sonno, gli artisti, gli assassini, i giocatori, stanno aperte le osterie, le friggitorie, i caffè. Ci si saluta, ci si conosce, tra quelli che campano di notte. Le persone si perdonano i vizi. La luce del giorno accusa, lo scuro della notte dà l’assoluzione. Escono i trasformati, uomini vestiti da donna, perché così gli dice la natura e nessuno li scoccia. Nessuno chiede conto di notte. Escono gli storpi, i ciechi, gli zoppi, che di giorno vengono respinti. È una tasca rivoltata, la notte nella città. Escono pure i cani, quelli senza casa. Aspettano la notte per cercare gli avanzi, quanti cani riescono a campare senza nessuno. Di notte la città è un paese civile.

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La sua mano strinse le mie dita, dove ancora scottavano le vesciche.
“E questo è un altro bacio secondo perché pure le mani si baciano e si abbracciano.”
“Hai palpebre che sono curve come le chiglie delle barche, Anna.”
“Ho palpebre che non dormono e non piangono.”

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“Il sangue è la verità. Non dice bugie quando esce e non ritorna indietro. Così devono essere pure le parole, dopo che le dici non le puoi ritirare.[...]"

Erri De Luca, Il giorno prima della felicità

martedì 1 gennaio 2013

per esclusione degli altri pezzi spersi

Poi me ne parli, dice. Faccio un minimo no con la testa. Non fa conto del no.
Sembri uno che sa parecchie cose, dice.
Nego: neanche so da che parte della fetta è spalmato il burro.
Ride.
E una, penso e mi accorgo di come si allarga ai lati la sua bocca e scintilla tra i denti la lingua e mi pizzica il naso ad affacciarmi sulla sua risata.

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Mi viene a trovare una donna qualche tempo fa.
Le apro la porta, è intatta, viene dritta da vent'anni prima, una distanza che addosso a lei sembra il tempo di una corsa in tram.
Vuole sapere di me, vuole vedere se combaciano due pezzi di tempo. Tira fuori le mie lettere.
Le scorro per la prima volta. Sì, quando le scrivo non rileggo, chiudo e spedisco, adesso come allora.
Sotto la carta stagionata sento la mia faccia di prima, prima di cambiare il mondo, e la sento di pasta ancora buona a tutto.

Le dico che deve portare al ragazzo di allora l’abbraccio custodito in grembo.
Che lei è ancora intera e può ritrovarlo uno così. Insomma le dico: non sono io.

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Annusi, chiede. Sì annuso le tue parole. Sei o no intransigente? Meno, meno di questo: se pensi una cosa di me, togline un poco, cala di un grado e io ti rispondo eccomi.

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Avanza la fronte, una lentezza bollente, si appoggia alla mia, un lasco di capelli suoi sulle mie tempie di pelo corto e il suo fiato che sale nelle mie narici e il mio respiro che non riesco a sentire e si sta così vicini da rimanere fermi.
Ora spinge con la mano la mia nuca a schiacciare le nostre facce all'attaccatura delle bocche.
Ora respirano solo i nasi.
Poi spetta alle mani muoversi per darsi pace.
Per imbarazzo di tenersi, non diciamo niente.
Faccio piano per non scaraventare forza addosso a lei, così cresce la sua.
Sta sopra di me, sbatte sul mio petto a colpi cupi. Si tagliano così gli alberi, un colpo a fendere e una torsione per liberare il ferro dall'impatto. Laila suona quei rintocchi sopra il mio petto, io resisto orgoglioso un tempo lungo, quanto quello di un albero che acido il morde ferro che lo stronca. Così crollo e anche lei.
Mi accorgo di una sua carezza che mi asciuga. Dormo per qualche respiro.

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Ho quarant'anni e un sonno duro da prendere a calci per farlo smettere.
Mi chiamano il morto, nessuno dorme dove riesco io.
Nessuno sa da quanta vita non dormo.

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Penso anche a Selim che prega a ogni addio del giorno. Ci sono umiltà che ingrandiscono un uomo.

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Ti voglio, dice, mi spetti e a te spetta di allargare braccia e tenermi.
Ti amo per amore e per disgusto di uomini, ti amo perché sei integro anche se sei avanzo di altra vita, ti amo perché il pezzo che resta vale l'intero e ti amo per esclusione degli altri pezzi spersi.

Erri de Luca, Tre cavalli