sabato 29 dicembre 2012

un debole per quelli che spariscono

C’erano intorno ragazzini che correvano, cani che volevano tornare a casa e coppie di anziani con l’aria di essere scampati a qualcosa di terrificante. La loro vita, probabilmente.
 
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[...]
– Certo che me lo ricordo, sono vecchio, sono mica scemo.
– Non volevo dire questo.
Il vecchietto si alzò e si avvicinò al bancone.
– Non è più venuto, disse.
– No. Non lavora più in città. Lo studio l’ha chiuso. Se n’è andato.
– Dove?
Rebecca esitò un attimo.
– Non ne ho la più pallida idea, disse.
Il vecchietto rise di una risata bella, meno vecchia di lui. Sembrava contento che Jasper Gwyn fosse riuscito a far perdere le sue tracce.
– Scusi, disse.
– Di che?
– Ho un debole per quelli che spariscono.
– Non si preoccupi, anch’io, disse Rebecca.

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Il vecchietto la fissò. Si vedeva che gli andava proprio di capire.
– Jasper Gwyn mi ha insegnato che non siamo personaggi, siamo storie, disse Rebecca. Ci fermiamo all’idea di essere un personaggio impegnato in chissà quale avventura, anche semplicissima, ma quel che dovremmo capire è che noi siamo tutta la storia, non solo quel personaggio. Siamo il bosco dove cammina, il cattivo che lo frega, il casino che c’è attorno, tutta la gente che passa, il colore delle cose, i rumori. Riesce a capire?
– No.


Alessandro Baricco, Mr Gwyn

venerdì 28 dicembre 2012

out wailing to the rain

“I must confess that waltzes
do not move me.
I have no sympathy
for symphonies.
I guess I hummed the Blues
too early,
and spent too many midnights
out wailing to the rain.”

Massimo Carlotto, La verità dell'Alligatore

domenica 18 novembre 2012

l'affanno della felicità

"A volte tu somigli in qualche gesto a una persona che mi voleva bene." Lo disse piano, sotto la soglia di rumore del diesel che andava. Io arrossii come se l'avesse gridato al mondo da un altoparlante. Lo disse senza dover aprire gli occhi. "Tu gliene volevi?", e Caia fece un piccolissimo sì di testa.

Andammo verso la secca di Capri. Il viaggio durava, il chiasso del motore l'aiutava a dire. Avevo fatto la punta all'orecchio per sentire la frequenza della sua voce, l'avrei sentita anche in una burrasca. Da poppa non si poteva vedere che stavamo parlando.

Io rispondevo senza guardarla, fissando l'avanti, dicendo parole per il vento. Ci fu un'onda più alta, la vidi arrivare e capii che le avrebbe fatto sbattere un po' la testa sul legno, così al momento all'impennata di prua infilai la mano tra la sua nuca e la barca, attutendo il colpo. La ritirai subito. Caia mi guardò da sotto, faccia seria, da bambina che sta a una finestra e aspetta un ritorno. Vedeva qualcosa da lontano, da dietro di me, una mano che le reggeva la nuca chissà quanti anni prima. Tenni i suoi occhi in faccia, pensai che mi vedeva contro il cielo senza nessuno in torno, senza terra.

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"Perché hai detto che sono vecchio?", chiesi e mi accorsi che mi era uscito un timbro grave in gola. "Sei vecchio all'improvviso in una maniera meravigliosa, sei qualcuno venuto da lontano come me, che si trova sbarcato su una nuova terra e ha i capelli bianchi e sta pensando a come se la potrà cavare." 

Il morso della murena aveva lasciato un disegno di buchi, una lettera chiara sulla pelle scurita. Teneva la sua mano proprio lì e quello era il gesto più intimo che mi era stato rivolto da una donna. Toccava la superficie di un dolore, una presa pulita capace di richiamarlo come di attutirlo. Io ci sono, diceva la sua mano sulla ferita, per tutta una musica ti accompagno lontano e ti tengo il dolore nella mano.

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[...] perché gli piaceva ridere e sorridere delle cose buffe e buffone che fanno le persone quando fanno sul serio.

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"Non sono buono a reggerti la mano, già te la sporco. Sono cambiato, non so neppure come. Ho dei pensieri da uomo, avere figli, lavorare, lasciare gli studi. Mi è venuta fretta d'imparare lontano, non posso venirti a prendere sotto scuola con un motorino che non ho e non desidero. Non posso portarti alle feste il sabato, farmi conoscere dai tuoi genitori come il tuo ragazzo, sentire che dicono sì, è un bravo ragazzo. Non sono un bravo ragazzo.

Solo poco tempo fa non lo sapevo così bene."

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"Ti ho lasciato un segno di grasso sul palmo, provo a levartelo." Tra gli scogli dell'istmo c'era qualche pietra pomice, scesi a prenderne una. Le strofinai il palmo, piano, le si velarono gli occhi, "Non fa male?", "No". "Allora non essere infelice." "Non sono infelice", caddero le due prime la crime, che vengono a coppie e da qui i poeti hanno imparato le rime.

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Mi guardava leale, si esponeva in faccia a uno che poteva ferirla. Ero ancora chiuso? Per non imbarazzarla abbassai gli occhi. "Quando questo vento smetterà verrò a cercarti. Avrò le scarpe ai piedi e i capelli lavati in acqua dolce. Vengo a cercarti in città. Mi ha detto Nicola che non bisogna fare progetti quando c'è lo scirocco." Lo dissi per bisogno di credere in un mio seguito, oltre la notte, anche se non immaginavo niente di me al di là del fuoco. Lì si era ispessito un confine. Chissà se sono così i pensieri degli animali, ciechi di futuro, intenti nel rinnovo breve del giorno. Chissà se sono così i pensieri dei prigionieri. Il vento ci costrinse a addossarci a un muro.

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"Niente progetti, ma questa è una promessa? Se lo è io voglio aspettare la fine dello scirocco." Sorrisi e finalmente la guardai. Era l'affanno della felicità.

Feci un brusco sì con la testa, poi lo dissi, un sì certo e grave. E lei si spinse in avanti per un bacio, io spostai un poco la guancia e lei mi centrò mezza bocca, veloce, diretta, com'erano le sue parole. Mi venne il pensiero che una persona così franca aveva anche baci diritti, incapaci di piegarsi su una guancia.


Erri De Luca, Tu, mio

giovedì 8 novembre 2012

quanto são insuficientes as palavras

Pedro Orce contempla as suas velhas mãos, não são velhas, não, saíram duma operação alquímica, tornaram-se imortais, ainda que o resto do seu corpo tenha de morrer.

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Os seus órgãos genitais, com perdão da crueza anatómica, eram afinal a expressão, simultaneamente reduzida e ampliada, da mecânica expulsória do universo, toda essa maquinaria que procede por extracção, esse nada que vai ser tudo, essa ininterrupta passagem do pequeno ao grande, do finito ao infinito. Neste ponto, é bom de ver, os glosadores e hermeneutas perdiam o pé, nem é para admirar, porque de mais nos tem ensinado a experiência quanto são insuficientes as palavras à medida que nos aproximamos da fronteira do inefável, queremos dizer amor e não nos chega a língua, queremos dizer quero e dizemos não posso, queremos pronunciar a palavra final e percebemos que já tínhamos voltado ao princípio.

José Saramago, A jangada de pedra

domenica 9 settembre 2012

trabajar sin red

Charo engullía comida como un adolescente en fase de crecimiento. Era una de las cosas que Carvalho aprobaba en ella. Realmente ningún ser humano indiferente ante la comida es digno de confianza. Charo supo encontrar el momento justo para dejar de comer y empezar a amar.

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Teresa recuperaba una identidad incuestionable de hija de la alta burguesía, con las facciones bien cultivadas por la buena alimentación, la higiene regularizada y una libertad de expresión que presta al rostro la serenidad del acróbata que trabaja con red. La Charo trabajaba sin red desde que había nacido y Carvalho le adivinaba a veces el rictus canalla de quien se defiende matando o el miedo de quien teme las caídas. El esquematismo del rostro proletario es el de las cariátides: o la risa o el llanto. El rostro de la Marsé tenía la placidez lógica de toda materia que se sabe homologada en todo tiempo y lugar.

Manuel Vázques Montalbán, Tatuaje

martedì 28 agosto 2012

non attendere

Ho già visto attraverso. Non è come la vita - dei - giorni, che non cura schermi, è come la vita-improvvisa-dei-momenti che si rivela, ma con la precauzione di un diaframma, sia esso fotografia, cancello, finestra o lacrime agli occhi.

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Si cresce tacendo, chiudendo gli occhi ogni tanto, si cresce sentendo d’improvviso molta distanza da tutte le persone.

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Chiesi perciò attraverso la porta socchiusa del bagno: 

Perché esiste l’attesa? 

L’attesa di che cosa? 

Feci una pausa. Riprese con tono più gentile: L’attesa di cosa? 

Se mamma non viene, tu l’aspetti? 

Certo. 

Se manca la luce aspettiamo che torni? 

Non riesco a seguirti, ma non fa niente. Sì aspettiamo che torni. 

Per ogni cosa che fa tardi e bisogna aspettare, noi siamo sempre in attesa? 

A questo punto la mia dizione si fece più incespicata. 

Papà, se io non voglio stare in attesa e voglio stare senza attesa, posso? 

Allora interruppe di radersi, aprì del tutto la porta e, come se avesse capito una cosa, non so quale, disse solo così: “Se tu sarai capace di stare senza attesa, vedrai cose che gli altri non vedono.” Poi aggiunse ancora: “Quello a cui tieni, quello che ti capiterà, non verrà con un’attesa.” Aveva metà della faccia rasa e metà ancora insaponata, in una mano il rasoio nell’altra il pennello. Si chinò un poco su di me per farsi intendere. 

Lo guardai con tutto il campo degli occhi. Non era lui, nemmeno la voce era la stessa. Neanche ero sicuro di essere stato io a domandare. 

Credette che non avessi capito, con un poco di sorriso si rimise allo specchio e mi disse di stare attento a quando tornavi tu. 

Non seppi domandare, non capii la risposta, ma non ho dimenticato. Quel giorno mi distolsi dalle attese, imparai a non attendere. 

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Sette anni non furono pochi. Anche se fossero stati la metà o la metà ancora, non sarebbe stato poco. Non ci si può lamentare della brevità, non è giusto, ma della lunghezza sì. Ho avuto imbarazzo a vivere ancora. Non provo dolore nel vedere il cielo qualche volta uguale a quello di un agosto passato insieme in vacanza, però arrossisco di poterlo guardare, di essere rimasto. Di questo per me si tratta, di essere il resto di alcune persone, delle loro sottrazioni. Porto il vuoto che mi hanno lasciato [...]

Erri De Luca, Non ora, non qui

modelli al collasso

Il sottoscritto non condanna lo stile di vita comune. Sbattersi, lavorare, amare una donna, prolificare, nutrire il cervello con roba più o meno buona, nutrire il corpo con roba più o meno biologica, frequentare centri commerciali, abitare una zona dignitosa. È un modello non ciclico, prossimo al collasso, ma chi se ne frega del modello. Il collasso del sottoscritto è molto più imminente. Tanti auguri a chi si sente tranquillo.

Wu Ming 2, Guerra agli umani

le temps et le silence

Franz [...] regarda le comte pendant qu'il disait ces paroles pour essayer de saisir sur sa physionomie quelque révélation de ces projets qui le conduisaient à Paris; mais il était bien difficile de pénétrer dans l'âme de cet homme, surtout lorsqu'il la voilait avec un sourire.

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À tous maux il est deux remèdes: le temps et le silence.

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c'est un homme admirable pour remettre les esprits, en ce qu'il ne questionne jamais; or, à mon avis, les gens qui ne questionnent pas sont les plus habiles consolateurs.

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Les blessures morales ont cela de particulier qu'elles se cachent, mais ne se referment pas; toujours douloureuses, toujours prêtes à saigner quand on les touche, elles restent vives et béantes dans le cœur.

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Je sais que le monde est un salon dont il faut sortir poliment et honnêtement, c'est-à-dire en saluant et en payant ses dettes de jeu.

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—J'ai connu un homme plus malheureux que vous, Morrel.
—Impossible.
—Hélas! dit Monte-Cristo, c'est un des orgueils de notre pauvre humanité, que chaque homme se croie plus malheureux qu'un autre malheureux qui pleure et qui gémit à côté de lui.

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«Quant à vous, Morrel, voici tout le secret de ma conduite envers vous: il n'y a ni bonheur ni malheur en ce monde, il y a la comparaison d'un état à un autre, voilà tout. Celui-là seul qui a éprouvé l'extrême infortune est apte à ressentir l'extrême félicité. Il faut avoir voulu mourir, Maximilien, pour savoir combien il est bon de vivre.

Alexandre Dumas, Le comte de Monte-Cristo

sabato 17 marzo 2012

hanno tutti ragione

Che ve lo dico a fare? Scendono di casa, sfilano lungo l'androne con gli stronzi neon, aprono il portone, vi vengono incontro e quello che vogliono dimostrare non sono. Sono l'opposto. Ci potete fare un'equazione sopra. Questa è matematica. È così.
È così che vanno le faccende dei sessi opposti.
Ci ha il vestitino a fiorellini? State sicuri che non vede l'ora che la prendete per la testa e la sbattete sette otto volte contro il calcestruzzo.
Si è messa i quintali di rossetto infuocato per fare la bocca a cerchio preciso alla Giotto? Allora dormite pure fra diciotto guanciali che per avere un pompino vi dovrete mettere a fare l'elemosina su un tappetino di ceci organizzato da preti sadici.

[...]

Non durerà negli anni questa storia dell'odore della casa. Negli anni a venire, eserciti di detersivi monopolizzeranno l'olfatto, gettandoci non privi di sconforto in un asettico miasma fatto di niente che caratterizzerà tutti gli appartamenti. Livellati gli odori, altrove andremo a scovare le differenze. L'umiliazione dell'olfatto come conseguenza del progresso.

[...]

Ma non lo vedete il politicastro sessantacinquenne che sbava per la consulenza o il sottosegretariato? Ma vi pare favoloso, questo? Ma non lo vedete il salumiere che imbroglia sull'ettogrammo di prosciutto? Gli è andata bene. E allora? Ha mica toccato il favoloso? O il benessere? O la gioia? O la felicità? O la beatitudine? Ma di cosa stiamo parlando?
Lontano dall'adolescenza, ci s'inventa una vita logora, tremenda.
Ciascuno lì a piazzare la sua tesserina del domino. Dimenticandosi di andare a vedere l'acqua e la montagna avvolta nel freddo, beatificate dal colore limpido, preistorico. La trasparenza.

[...]

Non lo poteva fermare nessuno ad Alberto. Perché è un uomo che non ha nulla da perdere. E io ci ho un debole assoluto per gli uomini che non hanno nulla da perdere. Quando li incontro è come se mi iniettassero un etto di cocaina tutto nel corpicino. Mi galvanizzo. Mi mettono al tavolino del mondo attraverso di loro. Mi fanno ridere e piangere per la commozione.
Sono i nuovi bambini, pur di giocare un'altra mezz'oretta sarebbero pronti a vendersi la madre.
Eccedono, gli uomini che non hanno nulla da perdere, fino alla nausea. Ma la differenza tra me e il resto del mondo è che io, dentro allo stato di nausea, ci sto una meraviglia. Non la vivo come un problema, la nausea. Per questo sono inadatto al mondo. Per questo sono solo. Ma ora ho trovato finalmente chi mi tiene il passo.

[...]

Niente, vieni continuamente smentito. Aveva ragione lui. Ottiene tutto quello che vuole senza sforzo e la cosa ancor più sbalorditiva è che non vuole ottenere chissà cosa. Non è ambizioso, non approfitta delle sue capacità, si lascia vivere, ma non si fa fottere da nessuno. Me lo voglio sposare, ve lo dico ancora una volta poi non ve lo dirò più.

Paolo Sorrentino, Hanno tutti ragione

sabato 10 marzo 2012

l'odio riscalda il cuore

Qualcuno ha detto che il patriottismo è l’ultimo rifugio delle canaglie: chi non ha principi morali si avvolge di solito in una bandiera, e i bastardi si richiamano sempre alla purezza della loro razza. L’identità nazionale è l’ultima risorsa dei diseredati. Ora il senso dell’identità si fonda sull’odio, sull’odio per chi non è identico. Bisogna coltivare l’odio come passione civile. Il nemico è l’amico dei popoli. Ci vuole sempre qualcuno da odiare per sentirsi giustificati nella propria miseria. L’odio è la vera passione primordiale. È l’amore che è una situazione anomala. Per questo Cristo è stato ucciso: parlava contro natura. Non si ama qualcuno per tutta la vita, da questa speranza impossibile nascono adulterio, matricidio, tradimento dell’amico… Invece si può odiare qualcuno per tutta la vita. Purché sia sempre là a rinfocolare il nostro odio. L’odio riscalda il cuore.

Umberto Eco, Il cimitero di Praga