martedì 28 agosto 2012

non attendere

Ho già visto attraverso. Non è come la vita - dei - giorni, che non cura schermi, è come la vita-improvvisa-dei-momenti che si rivela, ma con la precauzione di un diaframma, sia esso fotografia, cancello, finestra o lacrime agli occhi.

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Si cresce tacendo, chiudendo gli occhi ogni tanto, si cresce sentendo d’improvviso molta distanza da tutte le persone.

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Chiesi perciò attraverso la porta socchiusa del bagno: 

Perché esiste l’attesa? 

L’attesa di che cosa? 

Feci una pausa. Riprese con tono più gentile: L’attesa di cosa? 

Se mamma non viene, tu l’aspetti? 

Certo. 

Se manca la luce aspettiamo che torni? 

Non riesco a seguirti, ma non fa niente. Sì aspettiamo che torni. 

Per ogni cosa che fa tardi e bisogna aspettare, noi siamo sempre in attesa? 

A questo punto la mia dizione si fece più incespicata. 

Papà, se io non voglio stare in attesa e voglio stare senza attesa, posso? 

Allora interruppe di radersi, aprì del tutto la porta e, come se avesse capito una cosa, non so quale, disse solo così: “Se tu sarai capace di stare senza attesa, vedrai cose che gli altri non vedono.” Poi aggiunse ancora: “Quello a cui tieni, quello che ti capiterà, non verrà con un’attesa.” Aveva metà della faccia rasa e metà ancora insaponata, in una mano il rasoio nell’altra il pennello. Si chinò un poco su di me per farsi intendere. 

Lo guardai con tutto il campo degli occhi. Non era lui, nemmeno la voce era la stessa. Neanche ero sicuro di essere stato io a domandare. 

Credette che non avessi capito, con un poco di sorriso si rimise allo specchio e mi disse di stare attento a quando tornavi tu. 

Non seppi domandare, non capii la risposta, ma non ho dimenticato. Quel giorno mi distolsi dalle attese, imparai a non attendere. 

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Sette anni non furono pochi. Anche se fossero stati la metà o la metà ancora, non sarebbe stato poco. Non ci si può lamentare della brevità, non è giusto, ma della lunghezza sì. Ho avuto imbarazzo a vivere ancora. Non provo dolore nel vedere il cielo qualche volta uguale a quello di un agosto passato insieme in vacanza, però arrossisco di poterlo guardare, di essere rimasto. Di questo per me si tratta, di essere il resto di alcune persone, delle loro sottrazioni. Porto il vuoto che mi hanno lasciato [...]

Erri De Luca, Non ora, non qui

modelli al collasso

Il sottoscritto non condanna lo stile di vita comune. Sbattersi, lavorare, amare una donna, prolificare, nutrire il cervello con roba più o meno buona, nutrire il corpo con roba più o meno biologica, frequentare centri commerciali, abitare una zona dignitosa. È un modello non ciclico, prossimo al collasso, ma chi se ne frega del modello. Il collasso del sottoscritto è molto più imminente. Tanti auguri a chi si sente tranquillo.

Wu Ming 2, Guerra agli umani

le temps et le silence

Franz [...] regarda le comte pendant qu'il disait ces paroles pour essayer de saisir sur sa physionomie quelque révélation de ces projets qui le conduisaient à Paris; mais il était bien difficile de pénétrer dans l'âme de cet homme, surtout lorsqu'il la voilait avec un sourire.

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À tous maux il est deux remèdes: le temps et le silence.

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c'est un homme admirable pour remettre les esprits, en ce qu'il ne questionne jamais; or, à mon avis, les gens qui ne questionnent pas sont les plus habiles consolateurs.

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Les blessures morales ont cela de particulier qu'elles se cachent, mais ne se referment pas; toujours douloureuses, toujours prêtes à saigner quand on les touche, elles restent vives et béantes dans le cœur.

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Je sais que le monde est un salon dont il faut sortir poliment et honnêtement, c'est-à-dire en saluant et en payant ses dettes de jeu.

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—J'ai connu un homme plus malheureux que vous, Morrel.
—Impossible.
—Hélas! dit Monte-Cristo, c'est un des orgueils de notre pauvre humanité, que chaque homme se croie plus malheureux qu'un autre malheureux qui pleure et qui gémit à côté de lui.

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«Quant à vous, Morrel, voici tout le secret de ma conduite envers vous: il n'y a ni bonheur ni malheur en ce monde, il y a la comparaison d'un état à un autre, voilà tout. Celui-là seul qui a éprouvé l'extrême infortune est apte à ressentir l'extrême félicité. Il faut avoir voulu mourir, Maximilien, pour savoir combien il est bon de vivre.

Alexandre Dumas, Le comte de Monte-Cristo