domenica 21 dicembre 2008
Sostiene Pereira
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martedì 18 novembre 2008
martedì 11 novembre 2008
Ipse dixit
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martedì 30 settembre 2008
54
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sabato 27 settembre 2008
giovedì 18 settembre 2008
Paula
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domenica 7 settembre 2008
Romanismi
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venerdì 25 luglio 2008
Q
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Mi trascino stanco verso la porta, la voce è roca e impastata: - In questa vita ho imparato una cosa sola: che l'inferno e il paradiso non esistono. Ce li portiamo dentro dovunque andiamo.
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Gli amici sono morti e per quelli che restano ho scoperto di essere sordo. Dio non c'entra piú; ci ha abbandonato in un giorno di primavera, sparendo dal mondo con tutte le sue promesse e lasciandoci in pegno la vita. La libertà di spenderla tra quelle cosce bianche.
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Eloi mi versa dell'acqua, perché possa continuare. Non apre bocca, assapora ogni parola silenzioso, gli occhi scintillano nell'ombra come quelli di un gatto.
- Ursula era una donna strana, stregata. Capelli corvini, naso affilato, volto duro e sensuale insieme. Non riuscimmo a fingere a lungo: la passione ci prese la mano, ci inebriò fin da subito. Nemmeno lei aveva una storia, non sapevo da dove venisse, il suo accento non mi diceva niente, e non volli sapere, era cosí, semplice. Si avvicinava di soppiatto, sinuosa e zitta come un felino, premeva il seno contro la mia schiena e allora percepivo il suo desiderio. Quello che ci attanagliava entrambi era quell'incertezza, quel non sapere. Se fossimo stati altrove sarebbe stato diverso, tutto quanto.
- L'hai amata? - La sua voce è roca.
- Credo di sí. Come si ama quando non si ha piú niente alle spalle e soltanto un eterno presente senza promesse. Dio non c'entrava piú con le nostre vite: erano state incise a fondo, forse anche lei portava il ricordo di una catastrofe, di una sventura immane. Forse anche lei era morta una volta. Spesso, di notte, dopo un amplesso, mi sembrava di leggerglielo negli occhi, quel male. Sí, ci amammo davvero.
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Si gira sul fianco, verso di me, concedendomi gli occhi brillanti: - Cose per cui vale la pena morire?
- Cose per cui varrà la pena vivere.
Il suo indice percorre il mio profilo storto, la barba rossa, scende sul petto, si ferma su una cicatrice, poi sulla pancia.
- Tu vivrai.
La guardo.
- Tu non sei come Hofmann: non ti aspetti niente. Hai negli occhi una sconfitta, disperata, ma non è la rassegnazione che ti affligge. È la morte. Già una volta hai scelto la vita.
Annuisco zitto, sperando che mi stupisca ancora.
Sorride: - Ogni essere segue il suo destino nel ciclo del mondo: il tuo è vivere.
- Questo lo devo anche a te.
- Ma sai che io non verrò.
È tristezza o commozione, le parole mancano.
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- Ho creduto nel vostro Dio, Gert, perché saliva sulle barricate e si sbronzava nelle osterie, saccheggiava le chiese e spaventava i cavalieri. Ci credo ancora, se vuoi saperlo. Sai per caso da che parte è andato, mentre usciva di qua!?
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lunedì 9 giugno 2008
Non si muore tutte le mattine
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Anch'io non ero messo meglio. Andammo al solito locale e ci ubriacammo della tequila col verme, quella della gioventù... ne bevve parecchia e poi ancora... alla fine non sollevava nemmeno il bicchiere, lo prendeva direttamente con i denti e lo mandava giù. Aveva atteso quel momento se l'era procurato a lungo. Quando l'alcolico gli si sciolse bene in corpo prese una sigaretta, l'aspirò forte e se la appoggiò sulla carne del braccio. Il dolore non lo sentì quasi... si bruciò la carne con una specie di piacere, sorridendo sardonico... per sentire un dolore più forte del suo disse... avere dolore significa essere vivi, bisogna tenerselo caro.
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...Quando non si è nella luce ci si contenta di sentire delle ombre. Ombre nel cammino come alberi attorno a un viale. Soltanto i marciti, gli incattiviti non fanno ombra attorno a sé. L'ombra è la ricchezza che non si vede, ma rende luccicante il cammino là dove si deve andare da soli. Per quei viaggiatori soli, quelli che arrivano più lontano, ci vogliono le ombre. Per non perdersi del tutto. Che così passano tra gli uomini, donandogli a loro volta il bagliore, la perla che essi hanno intravisto.
Nella nostalgia e nell'euforia. Così sono quelli che arrivando a sé trovano anche la vita, e nella loro ebbrezza c'è la perla. Quelli che ancora si addentrano nella notte, nelle pieghe, nelle visioni, e rimangono altro da sé. Cantano celebrando, e allora soltanto amano. E amano così, come nella sbornia, nella luce che gli si apre davanti a squarci, e poi ritornano quelli di prima, peggio di prima, per quanto poco sopportano di ritrovarsi.
E tutto li fa soffrire e li ottunde... il miracolo appena accaduto, perfino. Non li appaga affatto! Continuano, come per acciuffarne ancora, però non si sa quando succede. Sono iracondi e non lo sanno fare a comando. Perciò soffrono come cani, come cani soli, rimpiangendo sempre la sera prima. E ogni cosa intravista è per loro un sorriso tra i denti nell'estasi e un lutto. Però... dignitosi. Nel continuo ombreggiare intricato, dignitosi. Come chi possiede qualcosa. Solo allora finisce. Senza abbracci si ritorna...
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giovedì 1 maggio 2008
lunedì 7 aprile 2008
Rumori
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Lolita
"Dove diavolo l'ha pescata?".
"Come dice?".
"Ho detto: che cavolo di serata".
"Già".
"Chi è la ragazzina?".
"Mia figlia".
"Non è vero. Lei mente".
"Come dice...?".
"Ho detto: che tempo inclemente! Dov'è sua madre?".
"Morta".
"Ho capito. Mi dispiace. A proposito, perché non pranziamo insieme noi tre, domani? Quella gentaccia se ne sarà andata".
"Ce ne andiamo anche noi. Buonanotte".
"Mi scusi, sono ubriaco. Buonanotte. Quella sua bambina ha bisogno di farsi un bel sonno. Il sonno è una rosa, come dicono i Persiani. Fuma?".
"Adesso no".
Accese un fiammifero, ma era ubriaco, o lo era il vento, e la fiamma illuminò non lui ma un'altra persona, un uomo vecchissimo, uno di quegli ospiti permanenti dei vecchi alberghi - e la sua sedia a dondolo bianca. Nessuno disse nulla e il buio tornò al suo posto iniziale. Poi udii il veterano tossire ed espellere un po' di muco sepolcrale.
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sabato 15 marzo 2008
La Haine
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sabato 1 marzo 2008
Questa storia
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Secondo lui Cabiria li aveva traditi, là, in guerra. Li aveva abbandonati sul più bello per scappare. Così lui era finito in prigionia. E un altro era stato fucilato.
E allora?
Cabiria non esiste più, ha detto.
Secondo me è una follia, se uno dovesse stare attento a tutti quelli che lo tradiscono, non è una cosa furba. Ultimo è stupido perché non sa perdonare. Non è questione di perdonare, io Cabiria l'ho perdonato. Ma non esiste più, per me. La memoria è importante. Non esistono colpevoli, ma esistono persone che cessano di esistere. È il minimo che possiamo fare. È giusto.
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giovedì 14 febbraio 2008
Un punto immaginario
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mercoledì 30 gennaio 2008
Charo
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lunedì 7 gennaio 2008
City
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...ti prenderà alle spalle e allora non sarà affatto facile, è meglio che tu lo sappia fin da adesso, se ancora non l'hai capito, ti prenderanno alle spalle, io non sono mai propriamente sopravvissuta a niente che mi abbia preso alle spalle, e so che non c'è modo, in definitiva, di difenderti da ciò che ti colpisce alle spalle, è una cosa contro cui non c'è niente da fare, solo continuare per la propria strada, cercando di non cadere, di non fermarsi, tanto nessuno è così idiota da pensare che si possa arrivare, veramente, da qualche parte in un modo diverso che vacillando, e collezionando ferite da tutte le parti, e in particolare alle spalle...
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Non era tanto quel che diceva, era la voce che faceva paura.
Sembrava la voce di un vecchio. Di uno che sapeva tutto da sempre, e che sapeva anche come sarebbe andata a finire. Un vecchio.
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Da vecchio... cioè, quando invecchi... non esiste più quella cosa dello stupore, non riesce più a prenderti di sorpresa... lo senti, questo sì, ma è solo stanchezza che si aggiunge a stanchezza, non esplode più niente, capisci?, è solo come se ti aggiungessero qualche chilo sulle spalle... è come camminare ed avere le scarpe sempre più fradice, di fango, e pesanti. A un certo punto ti fermi, e lì finisce. Ma non salti in aria, come da giovane, non è più quella cosa là.
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